ZAPATERO RIMPASTO DI SAPORE BASCO

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Il terzo rimpasto governativo dell’era Zapatero, sa molto di ultima spiaggia. Il calo di fiducia costante nel corso degli ultimi anni, che è in linea con la tendenza europea, più crescono le conseguenze della crisi più si va a destra, ha indotto il Governo socialista ha giocare le carte che ancora hanno possibilità di essere vincenti in questo scenario.
Quella di Alfonso Rubalcaba è senza dubbio la mossa più eclatante anche se la più scontata. Il Ministro degli Interni si trova adesso investito anche del ruolo di Vicepresidente nonché portavoce del Governo, assumendo un ruolo politico di primo piano nel tentativo di recuperare immagine tra l’elettorato spagnolo. Perché la politica “antiterrorista” a tutto campo perseguita da Rubalcaba, fino dalla sua nomina nel 2006 in piena epoca di conversazioni ETA Governo, e PSE, PNV e Batasuna, ha avuto un alto gradimento, almeno così dicono sondaggi, tra l’opinione pubblica spagnola,  educata a ridurre la più annosa delle questioni politiche della Spagna, quella basca, a una mera questione di ordine pubblico. Del resto Rubalcaba ha le spalle grosse sulla materia. Oltre ad essere stato un uomo politico formatosi all’epoca di Felipe Gonzales fu anche l’incaricato di seguire la “politica antiterrorista” del Governo Aznar durante il periodo dell’Accordo di Lizarra Garazi (settembre 1998, dicembre 1999). Questa sua “esperienza” gli permise costruire un immagine di funzionario e politico affidabile nel custodire i principi intangibili, fino ad ora, dello stato spagnolo. La sua nomina a Ministro degli Interni durante il dialogo del 2006, quando un possibile accordo tra le parti si stava delineando, non è probabilmente estranea al fallimento di quel dialogo. La sua chiusura verso ogni dialogo o apertura alla sinistra indipendentista, i numerosi arresti di presunti militanti di ETA e di militanti di organizzazioni politiche basche hanno avuto come risultato politico e mediatico togliere alla destra un argomento particolarmente sensibile nella lotta per il consenso. Lo ha ricordato il leader del PP Rajoy, il giorno stesso del rimpasto che sulla “politica antiterrorismo c’è convergenza di vedute” con il Governo.
La stessa nomina di Ramon Jaurgeui, lo storico esponente del PSE, ad un ministero come quello della Presidenza, ha il sapore di riconoscimento verso un politica emergenziale sulla questione basca. Jaurgeui assieme a Benegas, altro grande vecchio del PSE, sono stati tra gli artefici  assieme a deputati del PP , della modifica della Legge sui Partiti, meglio sarebbe chiamarla “legge Batasuna”, che inasprisce le norme sulla partecipazione alle competizioni elettorali. Una norma promossa dopo la scelta “irrevocabile”della sinistra indipendentista per un processo democratico inclusivo senza violenza e l’accordo strategico con Eusko Alkartasuna.  
Ramon Jauregui, del resto ha occupato posti rilevanti in un peoca chiave della ecente storia dello stato spagnolo e del Paese basco. Venne nominato, subito dopo la vittoria del PSOE nelle elezioni legislative del 1982, Governatore Civile della CAV fino al 1987, periodo nel quale operarono i GAL, i gruppi paramilitari, e per le cui attività vennero coinvolti e processati alcuni dirigenti del PSOE. Allo stesso tempo sarà tra gli artefici principali, assieme all’allora numero tre del PSOE il basco Txiku Benegas, dell’ accordo PNV PSE che diede vita dal 1987 al 1998, al Governo autonomo basco guidato dal nazionalista basco Ardanza.
Insomma Rubalcaba e Jauregui rappresentano una linea di consolidamento della strategia per controllare il cambiamento dei parametri in cui sembra muoversi la questione basca. L’accordo del PSOE con il PNV per il passaggio do 20 competenze dello statuto di autonomia della CAV, in cambio dell’appoggio del PNV alla finanziaria nel parlamento spagnolo,  dopo un dialogo diretto tra Zapatero e il presidente del PNV, Urkullu, se ha significato un duro colpo al Governo socialista sostenuto dal PP nella CAV in realtà ha un respiro politicamente più ampio, soprattutto esistendo un convergenza in materia “antiterrorista”. Pur esistendo un diverso contesto storico, le similitudini con il patto PSOE PNV degli anni 80 sono evidenti. Lo riconosce il quotidiano del gruppo Vocento, El Diario Vasco: “Se il patto Zapatero Urkullu ha svuotato di contenuto il ruolo dell’Esecutivo di Vitoria (Governo autonomo della CAV) nel negoziato delle passaggio delle competenze pendenti – nonostante il PSE insista nel dire che con il passare del tempo potrà capitalizzare il completamento autonomista – la grande sintonia” che ieri disse di avere il presidente (Zapatero) con il leader del PNV nella lotta contro ETA eleva i nazionalisti alla categoria di interlocutori privilegiati anche su questo terreno. Sulla carta, e se la politica si giocasse esclusivamente sul campo dell’idealismo, l’implicazione del PNV nello sviluppo dello statuto e in una strategia concertata per la fine del terrorismo non dovrebbe operare contro il Governo basco ne i suoi alleati”
E sul campo delle convergenze spagnole, come ha scritto ieri il quotidiano El Pais, le nomine di Rubalacaba e Jauregui, sono state bene accolte anche dai sindacati spagnoli CCOO e UGT, Jauregui è stato dirigente di UGT, anche perché la loro politica di concertazione, portata avanti in linea generale in questi decenni di monarchia parlamentare ha contrastato la rivendicazione di “un ambito autonomo della lotta di classe” che la maggioranza sindacale basca chiede per Euskal Herria. Una rivendicazione che s’inserisce nel contesto più ampio della battaglia politica che caratterizza il conflitto basco spagnolo. E  proprio per cercare una consenso da parte sindacale, incrinatosi con la riforma legislativa sul mercato del lavoro promossa dal Governo socialista, Zapatero ha nominato Gomez ex sindacalista di UGT che ha partecipato il 29 settembre allo sciopero generale indetto da UGT e CCOO, tre mesi dopo quello indetto nel Paese basco dalla maggioranza sindacale, contro la riforma sul lavoro. Un politico che potrebbe svolgere quella funzione di mediatore per far digerire ai sindacati una riforma che spalanca ancor più le porte a una deregulation del mercato del lavoro come richiesto dagli organismi internazionali.
Lo stesso cambio della guardia al dicastero degli Esteri, dove il ministro uscente Moratinos era stato attacco duramente dal PP , ma anche da settori interni al PSOE, per la sua politica, considerata ,”morbida” nei confronti dei Governi latinoamericani come quello Venezuelano e Cubano, testimonia come la tanto osannata anche in Italia, “rivoluzione zapateriana” si  stia riducendo all’ennesima corsa a destra nella proposta politica. Un scelta “papista” che come dimostra la storia recente in ogni latitudine  non premia l’imitazione ma l’originale.


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