GERRY ADAMS: LA SCOMMESSA DEL SUD

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Orsola Casagrande. Belfast. Gerry Adams è il presidente del Sinn Fein dal 1983. Quest’anno sarà candidato al parlamento irlandese, il Dail. Il suo collegio sarà Louth e East Meat

La contea di Louth (che deve il suo nome al dio celtico Lugh) ha circa 112 mila abitanti (censimento del 2006) ed è una cosiddetta contea di frontiera. Quel confine invisibile, eppure così pesantemente militarizzato negli anni del conflitto anglo-irlandese, che ha diviso un paese e la sua gente. Come tutte le contee di frontiera, anche Louth ha sofferto molto a causa della partizione dell’isola. La disoccupazione è più alta della media nazionale. Per gli uomini è qui dell’11.3% (a fronte di una media nazionale dell’8.8%), mentre per le donne è del 10.9% (media nazionale 8.1%).

Per Gerry Adams candidarsi qui, nella Repubblica, è stata una decisione importante. “E’ stato emozionante – ammette – vedere l’entusiasmo di tanti elettori l’altra sera alla presentazione ufficiale della mia candidatura al Fairways Hotel”. Adams non si nasconde che questa è “l’elezione più importante per la Repubblica da decenni. Il distacco della gente dalla politica – dice – è evidente, palpabile. La gente è stanca, delusa, arrabbiata per il comportamento dei politici, di un sistema corrotto che ha tradito il popolo, i lavoratori”. Vincere fiducia, contrastare questa rabbia non sarà un’impresa facile per il Sinn Fein. “La gente – dice ancora Adams – è alla ricerca di un nuovo modo di fare e intendere la politica. Vuole una politica che includa veramente i cittadini, che dia loro potere. Una politica – insiste – che escluda le elites, che non faccia gli interessi dei ricchi, che sia davvero in grado di lavorare per tutti”.

Obiettivo difficile, specialmente in un paese che nei prossimi anni si troverà ad affrontare una crisi economica di proporzioni enormi e dalle conseguenze ancora non chiarissime. Si parla di nuova emigrazione, almeno centomila persone costrette ad andarsene dalla Repubblica da qui a pochi mesi. La Tigre Celtica in ginocchio. “Sono convinto che ci siano le condizioni per tornare a fare politica davvero. Una politica – dice Adams – che non è tanto diversa da quella indicata nella Proclamazione della Repubblica irlandese del 1916. Una politica – aggiunge – che difenda i servizi pubblici, che sia in grado di costruire un sistema di imposte equo. Che protegga i più deboli ma anche chi ha salari bassi e medi. Come farlo? Attraverso lo stimolo continuo dell’economia, – dice Adams – proteggendo e creando nuovi posti di lavoro, promuovendo gli interessi delle comunità rurali che significa lavorare a una nuova industria della pesca e dell’allevamento”.  Naturalmente per Adams si tratta anche di cambiare un sistema politico che è ormai corrotto. “Il gap tra la classe politica e la gente – dice – deve essere rimosso. I politici devono essere funzionari pubblici. I cittadini devono avere il diritto ad essere coinvolti in tutte le questioni che riguardano la gestione e le scelte del pubblico. I politici devono davvero essere chiamati a presentare il conto ai cittadini. Io sono convinto che questo sia possibile”. Adams ha in mente un modello di “società basata sui diritti. Che significa – aggiunge – anche diritti economici, e non solo politici e sociali. In altre parole una società basata sui diritti, una vera repubblica, richiede a mio avviso che i cittadini concorrano alla realizzazione e prosperità del bene comune. Dunque diritto al lavoro, alla casa, alla possibilità di accedere alla sanità in maniera egualitaria, all’istruzione e a vivere in un ambiente pulito e sicuro. Una società equa, tollerante, dove ciascuno ha diritto a professare la religione che vuole e senza discriminazioni per il colore della pelle o di genere. E questi sono i principi della Proclamazione del 1916”.
Adams pensa anche a una riforma elettorale, “necessaria – dice – se vogliamo restituire un potere reale ai cittadini. I ministri devono essere pagati decisamente meno. – dice non senza polemica – Ci deve essere un maggior decentramento che significa anche pensare forme di devolution di poteri reali alle comunità locali per quello che riguarda per esempio le scuole, le politiche sociali, di assistenza agli anziani e le politiche riguardanti l’ambiente. Penso che il referendum sia uno strumento importante e dovrebbe avere un ruolo chiave nella politica futura perché consente ai cittadini di legiferare direttamente”.

 


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