LA COSTRUZIONE IDEOLOGICA DELLA NOTIZIA

La notizia è di quelle di cui i mass media vanno a caccia: “ETA avrebbe voluto far saltare in aria le Torri KIO a Madrid”. Per completezza d’informazione le agenzie diffondono la nota del ministero degli Interni spagnolo nella quale si sostiene che l’attentato avrebbe dovuto realizzarsi nei primi giorni del 2010 con un “furgone bomba”.  Ma l’azione sarebbe stata sventata con la cattura di un commando di ETA intercettato alla frontiera con il Portogallo. In quella occasione venne bloccato un furgone che secondo le fonti di polizia avrebbe dovuto essere caricato di esplosivo, immagazzinato nel covo di Obidos in  Portogallo, per poi essere condotto a  Madrid e consegnato al commando incaricato di eseguire l’attentato. Il commando in questione sarebbe quello disarticolato la scorsa settimana nel Paese Basco con l’arresto di quattro persone che avrebbero rivelato questi ipotetici piani. La notizia evidenzia le solite incongruenze: un commando di ETA che attraversa tutta la Spagna per andare a caricare di esplosivo un furgone in Portogallo per poi attraversare nuovamente metà Spagna per consegnare il furgone ad un altro commando che proviene dal Paese basco ed incaricato di far saltare in aria le due torri.
Curiosamente ma poi non tanto, quando venne scoperto il deposito di esplosivo a Obidos, si menzionarono alcuni possibili obiettivi ma non quello delle torri KIO che invece, ci dicono oggi, avrebbe dovuto essere, l’obiettivo dell’”attentato” di ETA.
Date, modalità, personaggi presunti dirigenti di ETA, comandos dell’ organizzazione, che appaiono in questa ricostruzione palesano una costruzione ideologica della notizia. Perché? Per una serie di motivi.
1.    La notizia esce dopo l’arresto di Beatriz Etxebarria,  Iñigo Zapirain, Daniel Pastor e Lorena López avvenuta nel  Paese basco la settimana scorsa. Le persone arrestate hanno denunciato torture ed in particolare Beatriz Etxebarria ha riferito di essere stata “stuprata con un palo”
2.    L’informazione sul presunto attentato è di tale portata che una ammissione da parte di alcun membro del commando di una propria responsabilità sarebbe coerente con le ripetute denunce dell’obiettivo delle torture: far “sottoscrivere le deposizioni anteriormente preparate dalla forze di  sicurezza”.
3.    E’ quindi plausibile che questa “ipotesi” sul clamoroso attentato, fosse già pronta nelle mani delle forze di sicurezza, che sono agli ordini del Ministero degli Interni,  per essere messa in vetrina in questo momento politico.
4.    Momento politico nel quale il Tribunale Spremo dovrà decidere sulla legalità o meno del nuovo partito della sinistra indipendentista Sortu. Contro  la legalizzazione di Sortu si è già espresso il Governo Zapatero e le sue controllate, visto il sistema giudiziario spagnolo, dell’ Avocatura dello Stato e della Procura Generale.
5.    Tesi sostenuta per motivare la il legalizzazione: essere Sortu una “creatura di Batasuna ETA”, ETA è ancora in vita, ecco le “clamorose” rivelazioni  decontestualizzate, la dichiarazione di Sortu contro la violenza per fini politici inclusa quella di ETA è una “operazione di facciata”.
6.    Il PSOE al Governo ma in caduta libera per quanto riguarda i consensi ottempera al patto antiterrorismo con il PP, dato vincente nelle prossime elezioni, nella considerazione che risolvere la questione basca in termini politici, e non di polizia, non paga elettoralmente in Spagna.
7.     Vista il situazione di “avanti in ordine sparso” il PSOE avendo firmato un patto di legislatura di fatto con il PNV , favorevole alla legalizzazione di Sortu, con concessioni in materia autonomista, scavalcando il PSE al governo nella CAV grazie a un patto con il PP, cerca di tamponare a livello spagnolo in materia antiterrorista, l’emorragia elettorale, lavandosene le mani nel delegare ai Tribunali la decisione. Il PSE mostra sempre più insofferenza con Madrid e si spinge sempre più attraverso i suoi dirigenti, Eguiguren, Elorza e adesso anche il presidente della CAV, Patxi Lopez, nel sostenere la legalità di Sortu.

La partita per uno scenario democratico per il Paese basco è aperta  e Madrid sembra non voler giocare la carta ideologica “del passato” rischiando di mettere in gioco il suo futuro nel Paese basco.


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I fratelli minori – il nuovo libro di Enrico Palandri

E’ uscito in questi giorni per Bompiani “I fratelli minori”, il nuovo romanzo di Enrico Palandri. Veneziano, Palandri ha lasciato l’Italia nel 1980 e dopo il successo di Boccalone (romanzo di una generazione, quella del ’77 ma anche di quella successiva e un po’ precursore come sostiene qualcuno del concetto di moltitudine negriana). Nei suoi libri come nella sua biografia personale si incrociano ricerca e un lavoro intenso sul sé, sulle relazioni fra persone, sull’andare e venire, sullo stare abbastanza bene ovunque ma mai benissimo in alcun posto. I fratelli minori è un po’ la conclusione di questo percorso di ricerca. Una fine dove trionfano le persone, e soprattutto le persone implicate le une nelle altre. La storia è su due livelli temporali, gli anni ’70 e gli anni 2000. I due fratelli Martha e Julian (un po’ inglesi e un po’ italiani) figli di un famoso cantante d’opera veneziano, scelgono l’una di cambiare identità per evitare il peso del padre (anche Martha vuole cantare opera) e l’altro – il fratello minore – cercherà tutta la vita di ‘evitare’ gli altri. Il ’77 e l’Italia degli anni di piombo entrano nel personaggio di Giovanni (fidanzato di Martha). Ma è il ragionare sull’identità, sull’esilio, sugli altri il cuore del libro. Perché sono le questioni con cui si dibatte Palandri da anni. “Ho iniziato questo libro – dice lo scrittore – diversi anni fa. Mi sono accorto che avevo scritto più o meno con la stessa voce, rivolgendomi a un nucleo di temi abbastanza simili tra di loro fin da un altro mio libro, “Le pietre e il sale. Voglio che il romanzo sia autonomo, – aggiunge – però per me è un po’ la conclusione di un percorso cominciato per me quando sono andato in Inghilterra nel 1980”.

Andare in un luogo diverso ha permesso anche di continuare a ragionare su quanto accaduto nel tuo passato, negli anni ’70.

Sì. I miei sono libri che hanno a che fare con lo spatrio, il fallimento degli anni ’70, il superamento di questo fallimento. Ma non come il superamento proposto in Italia, cioè sostanzialmente con la figura del pentimento e del ravvedimento. Io non mi sono né pentito né ravveduto, io mi sono continuato. Credo che il pentimento sia una brutta figura perché tende a nascondere il percorso che hai fatto, tenta di rinascere non sulla storia ma su un altro piano. E di questo non mi fido. Non che l’altro piano non esista, la metafisica è sempre qualcosa che accompagna ed è parallela. Ma non credo che si possa uscire dalla storia per andare nella metafisica. Per questo il pentimento come pura morale che si oppone a ciò che hanno prodotto le circostanze, le classi sociali, i conflitti, non mi interessa. Purtroppo questa è stata la figura con cui si sono chiusi gli anni ’70. Io penso che noi siamo stati sostanzialmente la prima generazione che usciva da Yalta, non solo in Italia, in Inghilterra e siamo stati bloccati dal compromesso storico, cioè dai custodi di Yalta, il partito comunista e la Democrazia cristiana che erano i custodi dell’accordo siglato nel secondo dopoguerra. Sia da destra che da sinistra hanno visto nei movimenti qualcosa di inaccettabile perché andava da un’altra parte, anche se era la stessa cosa che accadeva in Inghilterra, in Francia, in America. Ma qui è stato tutto legato alla storia del terrorismo che invece era un fatto minore, legato molto alla storia del comunismo e non dei movimenti, in cui si poteva passare dai movimenti ma per disperazione, per sfiducia nella società, nella possibilità di cambiare, di essere nella società. Nel terrorismo c’era proprio quell’atto disperato che ho cercato, nel libro, di rendere nel personaggio di Giovanni. Non voglio dire nulla in generale sul terrorismo, ma ho cercato di avvicinarmi alle motivazioni del fallimento personale, di esposizione alla differenza sociale che è un tema che ricorre un po’ in tutto in libro. Mi è interessato molto analizzare come i personaggi che ho costruito sentono la propria condizione sociale e quella degli altri e come questi cambiamenti di status hanno un effetto profondo nella vita sentimentale, quando pensano di innamorarsi, nei revanscismi, in quello che si trascinano. C’è come una storia sociale privata che è una specie di biografia del singolo.

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