Open Letter to World Women, from Colombian Women

Open Letter to World Women, from Colombian Women

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The guerrillas of the Revolutionary Armed Forces of Colombia (FARC-EP), meeting in the Temporary Zone of La Elvira, Cauca, with great satisfaction, report to have successfully completed the first national gender workshop held throughout our organization’s history.

This unprecedented step is a historic opportunity to promote the participation of all women in the construction of peace and reconciliation in Colombia.

With this activity we seek to lay the foundations that allow us to advance in the irreversible path towards peace with social justice that we agreed in Havana. The work of the gender subcommittee made it possible to include the vision and approach of LGBTI women and the LGBTI population in the Agreement. For the FARC-EP this was a priority. We were sure that such a momentous step for Colombia and for the world should include the just and necessary demands of all the women of our country.

Inequality in access to education and decent jobs, criminalization and victimization of women’s reproductive rights, feminicide, discrimination and stigmatization should be things of the past. We do not doubt that today we are on the right path to overcome these problems.

The vindication and empowerment of women have always been a central focus since the beginning of our armed struggle. In our organization you can find peasants, indigenous women, Afro descendant women, students, displaced, workers. As an organization, we have seen and deeply felt the suffering of thousands of mothers, daughters, sisters, victims of the dominant, violent and patriarchal system. We now tell them to be sure that the FARC-EP is fully committed to continue fighting for their rights and against that system, from now on from other scenarios.

We strive to continue the task of generating conditions that allow progress in the transformation of unequal power relations between men and women and respect for sexual diversity.

We have the faithful commitment that each of the learning and experiences lived in this important workshop will be transferred to all our camps, every militant of the great Fariana family, with the aim of building a single organizational line based on the importance of recognizing the rights and participation of women in all areas of implementation and reincorporation into civilian life. This concept will be reflected in the new political movement that we will create.

Our hands that were once holding arms, today are offered to build a fair, united and equitable Colombia.

Receive our embrace of solidarity and be sure that you can count on the FARC-EP for this just revolutionary struggle.



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Intervista di Fermin Munarriz

Gara. Dicono che è il più grande drammaturgo spagnolo degli ultimi decenni. Ed anche basco. Perché ha deciso di esserlo. E di vivere in un paese che ama e ammira. La sua estesa opera è stata un impulso permanente contro la censura; la sua vita, un impegno con la libertà; il suo pensiero, una esplorazione costante della essenza umana. Dalla torre di guardia intellettuale o dall’asfalto della strada, è sempre stato – ed è – per chi lo necessita. Non ha risparmiato generosità. Ne lucidità. Per questo non lotta contro i mulini; lotta contro i giganti.

Signor Sastre: tragedia, commedia…In che funzione sta in questo momento l’ordine mondiale?

Non è facile spiegare la realtà con questi concetti…Già nel Rinascimento vennero smontati questi feticci e nacque la tragicommedia, che è una visione più complessa della realtà. La tragicommedia iniziò a dare grandi frutti: la tragedia grottesca, l’esperpento. (stile letterario basato sulla deformazione grottesca della realtà). E’ qui dove si trova il genere che possa riflettere la realtà attuale: una tragicommedia o un esperpento o una tragedia che fa ridere..Per me è una tragedia complessa. Siamo in un momento nel quale possiamo ridere però non piangere. Non è un momento per ridere ne un momento per piangere, ma di ridere per non piangere.

E nel caso di Euskal Herria?

Euskal Herria non è un caso speciale. In altri temi ha una caratteristica differente rispetto a quanto avviene in altri luoghi, però per quanto riguarda  se è da ridere o da piangere, si può dire che una situazione nella quale si ride per non piangere, però che ci sono molte ragioni per piangere.

Viviamo, forse, una sorta di penitenza per la non rottura democratica con il franchismo?

In Euskal Herria si verificò una forte resistenza alla Riforma, che anche la sinistra spagnola preconizzava. Arrivò un momento nel quale le idee della necessita di una rottura democratica scomparvero dai territori di Spagna e si rifugiarono in Euskal Herria; è qui dove cristallizzarono le idee del fatto che non si andrà da nessuna parte che meritasse la pena se non si verificava una nuova situazione in termini di rottura. Queste idee cristallizzarono qui e sono l’origine di ciò che poi fu la sinistra indipendentista. Questa fu una delle ragioni – a parte molte altre – del fatto che noi decidemmo venire qui. Vedemmo che le nostre idee più o meno erano socialmente ammesse in questo paese e no in Spagna.

In questo contesto, qual è la responsabilità morale dell’intellettuale nella società?

E’ la stessa di sempre: essere fedele alla sua vocazione intellettuale. E’una vocazione per la verità, per l’esplorazione della verità e per la difesa della giustizia. Sembra che alcuni intellettuali assumano questa responsabilità  ed altri la appartino un po’ e si limitano formalmente a lavorare a favore dell’intelligenza in termini di disimpegno totale da un punto di vista politico.

Crede che gli intellettuali baschi sono all’altezza della situazione?

Io ho un problema per poter rispondere a questa domanda al non essere capace di leggere ciò che scrivono gli intellettuali baschi in euskera. Qualsiasi opinione esprimessi sarebbe superficiale e sicuramente ingiusta. Però nel teatro, dove si vedo quanto si fa, più o meno, o quanto si pretende fare, credo che le genti del teatro basco non sono all’altezza delle circostanze nelle quali si vive in questo paese. Io ho cercato in alcune occasioni di far interessare ai miei colleghi nell’ esempio – non per seguirlo ma forse per ispirarsi ad esso – di ciò che fu il teatro irlandese nelle prime decadi del secolo XX. In alcune circostanze analoghe – con distinguo – nacque un teatro magnifico, di grande livello in Europa.

Il teatro in castigliano si manifesta abbastanza al margine delle questioni più patenti e latenti di questa società. E’ un teatro che guarda da un’altra parte e non per la realtà; forse per paura a guardare la realtà. La realtà a volte mette paura, anche questo è vero.

Gli intellettuali spagnoli e francesi sono all’altezza delle circostanze rispetto al caso basco?

No, sono all’altezza della loro ignoranza su questa situazione. Io credo che sono ignoranti. Lo vedo con gli spagnoli che conosco, sono più o meno alla pari –diciamo, in tutto, meno su questo tema. Quando si tratta il tema basco lo ignorano e, inoltre, sembra che rifiutino d comprenderlo…

A cosa si deve questo atteggiamento?

Al patriottismo, allo sciovinismo da grande potenza…Lenin già parlava del patriottismo sciovinista; faceva una critica a ciò che si chiamava sciovinismo da grande potenza. E Spagna e Francia sono grandi potenze in relazione a Euskal Herria. Lo sciovinismo è una filosofia comune che impedisce assolutamente vedere ciò che accade qui. E’ molto difficoltoso. Mi dicono amici che vivono a Madrid, per esempio, quanto difficile sia fare comprendere alcune cose che si comprendono vivendo qui. E si deve al patriottismo spagnolo completamente accecante.

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