DIRIGENTI BASCHI RINVIATI A GIUDIZIO

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Arnaldo Otegi, Rafa Díez, Sonia Jacinto, Arkaitz Rodríguez, Miren Zabaleta, Amaia Esnal, Txelui Moreno y Mañel Serra esponenti della sinistra indipendentista basca, arrestati il 18 ottobre scorso, sono stati rinviati a giudizio dal giudice della Audiencia Nacional Balatazar garzon. Gli imputati hanno respinto le conclusioni del giudice istruttire spagnole, che gli accusa di integrazione n organizzazione terrorista, sostenendo che il loro lavoro era politico ed ebbe come risultato la proposta di Alsasua. Uno degli imputati, Txeleui Moreno, ha lanciato un appello alla base sociale della sinistra indipendentista affinché prosegua nel cammino intrapreso, “dobbiamo proseguire, questa è la strada e non un passo indietro”, ha detto Moreno. Queste dichiarazioni sono state effettuate alla stampa, poco prima di entrare nella Audiencia Nacional. assieme agli altri impuntati in carcere dal 18 ottobre scorso. Moreno ha aggiunto che “il Ministero degli Interni con il nostro arresto ha cercato di intralciare dibattito aperto nella sinistra indipendentista. Ma non c’è riuscito. Anzi – ha proseguito – ha dato più forza alla militanza ed alla partecipazione affinché il dibattito si concludesse positivamente”. L’esponente basco ha anche rivolto un messaggio al governo spagnolo affermando che “ci piacerebbe sapere fino a che punto è capace il Governo spagnolo di accettare questo processo democratico e che la maggioranza possa decidere ciò che vuole”. Infine, interpellato da un giornalista se condannava o meno l’uso della violenza da parte di ETA, Txeluui Moreno ha risposto  che la sinistra indipendentista ha già definito che “il processo democratico deve darsi in assenza di violenza ed ingerenze esterne, ci piacerebbe sapere se il Governo accetta anch’esso queste premesse di assenza di violenza ed ingerenze”, considerando l’attuale politica del Governo Zapatero contro la sinistra indipendentista come uno “scontro duo e puro”.


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Le ultime parole di ?îrîn Elemhulî, impiccata in Iran

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?îrîn Elemhulî, impiccata in Iran insieme ad altri 4 detenuti  curdi, ha lasciato questo messaggio prima dell’esecuzione : Vogliono  che io nego di essere Kurda. Mi hanno offerto una collaborazione. Se avessi accettato avrebbero revocato l’ordine, ma io non ho accettato. “
?îrîn Elemhulî, 4 giorni prima dell’ esecuzione aveva scritto una lettera, nella quale scriveva dei suoi tre anni di detenzione.  Lei  a cui non è spettato nemmeno avere un avvocato difensore  ha scritto di terribili torture e violenze dietro quelle porte di ferro.

“Mi impiccano perchè sono kurda. Ho sofferto in carcere le pene dell’inferno e non so perchè mi abbiamo arrestato e perchè mi impiccano.  Solo perchè sono kurda? Sono nata kurda e solo per questo ho dovuto patire le più terribili violenze e torture.” Lei ha scritto che lo Stato iraniano pretendeva che lei negasse la sua nazionalità. ” Se lo avessi fatto, avrei mentito a me stessa. La mia lingua è il kurdo. Sono cresciuta con questa lingua. E loro non vogliono che io parli o  scriva nella mia lingua.”

La vostra tortura è il mio incubo. Nella sua lettera si rivolge anche ai giudici che non le hanno permesso durante gli interrogatori di parlare in kurdo. Negli anni della detenzione, nel carcere femminile di Ewin ha imparato il persiano. ” E per il fatto che io non sapevo parlare bene il persiano e che voi volevate registrare le mie dichiarazioni nella vostra lingua, non avete capito quello che dicevo.” I maltrattamenti che mi avete fatto sono stati di notte i miei incubi e di giorno il mio dolore. In seguito alle torture avevo durante gli interrogatori terribili mal di testa e in alcune giornate non ce la facevo a resistere. Non riesco più a rendermi conto di cosa succede intorno a me e per ore intere non sono più me stessa. E continuamamente sangue dal naso.  Un’altra conseguenza delle tortura è la perdita della vista e continui capogiri.  E non ho il diritto ad avere una cura. Lei  scrive che negli altri carceri iraniani succedono le stesse cose.  Le sue ultime parole prima dell’ esecuzione: Quello che mi avete fatto, non lo avete fatto solamente a me e alla mia famiglia. Lo so. Queste torture le hanno subito anche  Zeynab Celaliyan, Rûnak Sefazade  e tanti altri Curdi. E le madri curde, con gli occhi pieni di lacrime aspettano per giorni e giorni di vedere i loro figli. Ogni volta che squilla il telefono si tormentano pensando di ascoltare terribili notizie. Mio figlio è stato impiccato…….

UN MILIONE PER IL NEWROZ

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