L’AGENDA NASCOSTA: ERDOGAN E LA COSTITUZIONE GOLPISTA

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Si parte da un concetto largamente condiviso: la Costituzione turca nata dopo il colpo di stato del 12 settembre 1980, è non solo obsoleta ma ‘militare’ nell’approccio in primo luogo alle libertà individuali e collettive.
Ma se la necessità di cambiare la Costituzione è condivisa da molti, le motivazioni per farlo e soprattutto quali cambiamenti operare, divergono a seconda di chi parla. Differenze e ostacoli ritenuti insormontabili, hanno fatto sì che la Costituzione rimanesse pressoché invariata. Uno degli obiettivi che si è dato il partito di governo AKP (islamico moderato, partito della giustizia e dello sviluppo) in questo suo secondo mandato è quello di modificare la Costituzione. E nonostante i violenti attacchi, questa settimana il vice premier e portavoce del governo, Cemil Çiçek ha presentato un pacchetto di emendamenti riguardanti 23 articoli. “Un compromesso”, ha detto Çiçek, che ha chiesto la collaborazione (subito negata) dei partiti di opposizione. La destra ultranazionalista (MHP) e il kemalista CHP hanno di fatto dichiarato la loro indisponibilità anche a ragionare sul pacchetto. Più possibilista il partito kurdo BDP che ha messo al lavoro i suoi giuristi, riservandosi il diritto di esprimere un’opinione sul pacchetto più in là. Contraria la gran parte della magistratura. E le forze armate non si sono ancora apertamente pronunciate.
Il premier Recep Tayyip Erdogan, vista la mal parata, ha deciso per l’affondo: si va al referendum. Certo non è così facile, perché comunque ci sono dei passi preliminari anche per poter sottoporre al giudizio del popolo i cambiamenti. Ma i problemi riguardano anche il referendum, perché Erdogan ha detto che il pacchetto sarà sottoposto al voto in toto, cioè si voterebbe sì o no all’intero pacchetto. E questo non equivale esattamente a dare al popolo la possibilità di esprimersi. Perché si prende o si butta tutto il pacchetto. In altre parole: quello che dice il governo è oro colato, o non è.
Andando con ordine comunque, Çiçek ha presentato gli emendamenti. Che riguardano alcune aree ma lasciano fuori questioni importanti, come i diritti dei bambini, donne e gay. Nello specifico viene proposto un emendamento alla struttura della Corte Costituzionale, attualmente di 11 membri. Nell’idea del governo i membri dovrebbero essere eletti per 12 anni, senza possibilità di rielezione. La nuova Corte avrà 19 membri, 16 nominati dal presidente e 3 dal parlamento. Un emendamento che ha fatto sussultare molti magistrati. E comunque è chiaro che si tratterebbe di un passaggio di consegne rispetto al controllo, che passerebbe in mano al governo. E già si capisce che l’AKP ha tra i suoi obiettivi quello di cambiare il sistema giudiziario, che di per sé potrebbe essere interessante (visto la presenza pesante delle forze armate) ma rischia di essere solo un cambio di ‘cane da guardia’. Gli altri emendamenti riguardano non a caso modifiche nella struttura di quella che è una sorta di consiglio della magistratura. Verrebbe eliminato l’articolo provvisorio 15 e questo darebbe la possibilità di portare in tribunale gli autori del golpe del 1980. Alcuni emendamenti limitano la possibilità di chiudere e illegalizzare i partiti politici. Per quanto riguarda i diritti dei lavoratori, critici i sindacati che non vedono nel pacchetto proposto misure tali da ampliare i diritti. In questi giorni i sindacati incontrano il governo per discutere le proposte, anche se quello che emerge è chiaramente il fatto che questi emendamenti costituzionali non seguono l’obiettivo di ampliare i diritti dei cittadini ma perseguono piuttosto l’obiettivo di servire ed essere funzionali al governo in carica.


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