USA: ARRESTATI PACIFISTI

Sette persone sono state arrestate ieri durante una manifestazione, di fronte alla casa Bianca, contro la guerra in Iraq, nella quale hanno partecipato migliaia di persone, nel settimo anniversario del conflitto. Tra gli arrestati c’è anche Cindy Sheehan, madre di uno dei soldati statunitensi morti  in guerra e che è stata uno dei protagonisti più in vista del movimento di protesta contro l’invasione.  I manifestanti si sono concentrati nella piazza Laffayette, dinnanzi alla Casa Bianca, da dove si sono mossi marciando verso il centro della capitale, passando, tra l’altro, davanti alla sede della Halliburton, la multinazionale di servizi petroliferi della quale fu direttore l’ex vicepresidente Dick Cheney. La partecipazione alla manifestazione è stata minore rispetto a quelle del 2006 e 2007, anche se gli organizzatori hanno assicurato che molti manifestanti hanno deciso  di aderire alla protesta dopo la decisione presa dal presidente Barack Obama di inviare più truppe in Afghanistan, anche se ha annunciato il ritiro dall’ Iraq. I manifestanti portavano bare di cartone avvolte nella bandiera statunitense e cartelli dove si chiedeva “processo contro George Bush, (che ordinò l’invasione nel 2003) adesso!”


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“EL COMISARIO” GRIDA E MI DICE CHE MI VIOLENTERA’ UN’ALTRA VOLTA”

 Verso le 4 del mattino del 1 marzo 2011 sfondano la porta. Mi prendono per i capelli e mi trascinano nella sala. Sono con il reggiseno e non mi lasciano vestire durante la perquisizione. Nella sala mi bloccano con violenza e cercano di mettermi le manette. Si arrabbiano perché sono piccole. Mentre sono seduta sul divano mi dicono “Vedrai che cinque giorni passerai”

Mi entrò un po’ di nausea durante la perquisizione del ripostiglio. Mi stringono fortemente sul braccio, mi lasciano degli segni. Mi mettono manette di corda e me le stringono sempre di più.

Mentre usciamo di casa mi minacciano: di non guardare, ne parlare con il mio compagno. Mi portano dove si trovava l’auto e mi proibiscono assistere alla perquisizione.

Mi portano dal medico forense di Bilbao: mi visitano attentamente: ho segni sui polsi per le manette, avevo le vene gonfie e qualche abrasione. Le braccia rosse, per il modo in cui mi tenevano, e rigide.

Mi fanno salire sul Patrol (automezzo in dotazione alla Guardia Civil). Mi obbligano a chiudere gli occhi e me li chiudono loro con una mano. Ascolto che dicono che devono incontrarsi con un’altra auto.

Si fermano. Un guardia civil che si fa chiamare “el Comisario”, viene a prendermi e cambiamo d’auto.  Quella di adesso non è un Patrol, è un’auto normale per lo spazio e l’altezza che percepisco nell’entrare. El Comisario inizia a gridarmi nell’orecchio e a minacciarmi: “Sono militare e sono addestrato ad uccidere”. Mi dice che ho due opzioni: parlare subito, o no. Noto come prendono una borsa e me la mettono sulle mani. Durante il viaggio verso Madrid mi danno colpi e schiaffi sulla testa e proferiscono continue minacce. Mi dicono che adesso si fermano e “ti lascio nuda, ti getto nella neve e ti apro come un canale”. El Comisario si toglie la giacca e inizia a strusciarsi sul mio corpo. L’altro poliziotto che stava al suo fianco “calma”  El Comisario però anche mi minaccia: mi applicano per due volte la “borsa” (viene collocata una borsa di plastica sul capo della vittim,a chiusa attorno al collo, per provocare  asfissia) nel tragitto verso Madrid.

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