LO STATO E IL MONOPOLIO DELLA VIOLENZA

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Chiedere perdono è un forma di ammissione di responsabilità. Non risolve il danno occasionato ma può essere un atto formale che dia luogo ha riparazioni ben più reali. Nei conflitti politici questa richiesta di perdono può anche nascondere, cosi avviene spesso, una sorte di lavaggio della coscienza per fatti efferati, continuando ad agire, magari con altre forme, per lo stesso fine. Cosi avvenne in Guatemala quando Bill Clinton chiese “scusa” per le ingerenze degli Stati Uniti nel paese centroamericano partendo dal colpo di stato contro il democratico Arbenz, a metà degli anni cinquanta, ordito dal Governo di Washington ma anche dalla multinazionale statunitense Unite Fruit. In questo caso un’ammissione senza alcuna riparazione quando il Guatemala da quella data fu attraversato da una guerra civile, in realtà una repressione spietata sostenuta dagli USA, che provocò fino al 1996, 250000 vittime, un milione di profughi e 45 mila desaparecidos. Di altro tenore e significato è stata la richiesta di “perdono” alle vittime della guerra civile a nome dello stato fatta dal neopresidente de El Salvador Mauricio Funes che è stato eletto nelle liste del ex movimento guerrigliero Fronte Farabundo Marti de Liberacion Nacional. Significativa perché viene fatta a nome della istituzione statale responsabile della vita dei suoi cittadini, “riconosco pubblicamente che lo stato non rispettò per azione o omissione perché non protesse ne garantì i diritti dei salvadoregni”, e da un presidente di un forza politica che fu protagonista forzata di quella guerra civile scatenata da un governo sostenuto anche qui dagli USA  attraverso lo sterminio di decine di migliaia di attivisti sindacalisti preti contadini. Un concezione di responsabilità che non è piaciuta ai deputati del partito Arena che governò il paese dopo gli accordi di pace del 1996, adesso all’opposizione, e che era erede di quel movimento paramilitare, che seminò il terrore tra la popolazione salvadoregna in quegli anni, tra i cui uomini di spicco, e fondatori di Arena, ci fu il  maggiore D’Aubisson responsabile della morte di Monsignor Romero.

Chi invece continua a negare l’evidenza rendendosi complici di una infamia storica come fu l’omertà sui crimini franchisti sono le forze politiche spagnole. Motivo di questa constatazione è stata una iniziativa nel parlamento autonomo basco fatta dal partito, Aralar, nella quale si chiedeva al Governo spagnolo di formulare “la richiesta di perdono” alle vittime del bombardamento di Gernika del 26 aprile del 1937, realizzato dalla aviazione franchista con la partecipazione della aviazione nazista tedesca e fascista italiana.  Aralar ha ricordato che il governo tedesco nel 1987, in occasione del cinquantesimo anniversario del bombardamento chiese “perdono” per la partecipazione tedesca in quella mattanza.

La risposte dei partiti che governano la CAV, PSE e PP sono state eloquenti.

Il PP ha affermato che l’iniziativa “ è fuori tempo e luogo” sostenendo che “atti barbari ci sono stati nei due bandi (franchisti e repubblicani) come eroi nei due bandi”. Per il PP l’iniziativa di Aralar risponde all’ossessione di qualcuno di ravvivare il fantasmi del passato”. Come ha ricordato Paco Etxebarria nell’intervista da noi pubblicata, l’unica ossessione di centinaia di migliaia di familiari dei desaparecidos per mano franchista è quella di riavere almeno verità sulla morte dei loro cari e riabilitazione cosa che il governi post franchisti non hanno mai concesso.

Interessante ed ancor più significativa la riposta del PSE che definisce addirittura “delirante” questa richiesta perché non c’è nessun motivo che la Spagna democratica chieda perdono a se stessa quando fu attaccata dal fascismo”. Il problema è che l’attuale Spagna non è la continuità di quella repubblicana, quella si attaccata dal franchismo. Che la transizione politica e la costituzione spagnola voluta sia da franchisti che da opposizione ha sancito per legge l’impunità dei crimini di lesa umanità del regime franchista. Che lo stato attuale è responsabile in parte diretto di quella mattanza come testimonia il dibattito attuale sulla memoria storica e la richiesta di giustizia da parte di chi il franchismo l’ha subito. Forse un vizio di forma nella proposta di Aralar c’è stato, quello di non avanzare questa richiesta al capo dello stato il Re Juan Carlos di Borbone, nominato da Francisco Franco suo successore e confermato nella massima carica dello stato dalla maggioranza dei partiti spagnoli. Questa volontà di “anestesia e amnesia” che in modo bipartisan due principali partiti spagnoli impongono alla società  non chiudono ferite ma le mantengono purulente.

 


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