LA SPAGNA NON E’ LA COREA DEL NORD – Santiago Alba Rico
Atlantica XXII. Ho qui quanto dice il programma del PSOE: “Giustizia e uguaglianza dinnanzi alla legge vi offriamo. Pace e amore tra gli spagnoli. Libertà e fraternità esente da tirannia. Lavoro per tutti. Giustizia sociale, portata avanti senza rancori ne violenze, ed una equa e progressiva distribuzione della ricchezza senza distruggere ne mettere in pericolo l’economia spagnola”
E’un programma con il quale non è difficile essere d’accordo, salvo perché – adesso riparo all’errore – non si tratta del programma del PSOE bensì di un discorso di Mariano Rajoy, massimo dirigente del PP, dinnanzi a migliaia di acclamanti sostenitori che nelle prossime elezioni lo appoggeranno per la presidenza del governo.
Però no, un momento. Mi sono sbagliato ancora. Le parole sopracitate non appartengono al programma del PSOE ne ad un discorso di Rajoy; formano parte del manifesto firmato a Santa Cruz de Tenerife alle 5.15 del giorno 18 luglio 1936 da…Francisco Franco. Poche ore dopo, in sella a questi principi, il generalissimo scatenava una guerra civile che sarebbe costata la vita a un milione di spagnoli, alla quale seguiranno fucilazioni, torture, prigione e rappresaglia durante quarant’anni di dittatura.
Capiamoci: che Zapatero, Rajoy e Franco utilizzino gli stessi concetti –giustizia sociale, uguaglianza, libertà, pace tutti questi patrimonio della sinistra – non dissolve le differenze che di fatto li separano. Non sono uguali, però questa coincidenza illumina due fenomeni, uno buono e l’altro cattivo, senza i quali non è possibile comprendere la gestione politica del capitalismo. Quello buono è che a tutti ci piace essere giusti e ragionevoli. Che bisogna mentire in nome della verità, guerreggiare in nome della pace, uccidere in nome della civilizzazione ed illegalizzare partiti in nome della democrazia, significa che la sinistra ha conseguito imporre i suoi valori come fonte naturale di legittimità: si può governare contro il popolo, però no senza di esso. Incluso Nerone dovette rinunciare a vantarsi del suo incendio; incluso Franco dovette prendere in prestito dal nemico–come Zapatero e Rajoy – il proprio linguaggio.
Quello cattivo è che la fonte di legittimità e la fonte di decisione sono linee asintoti e che, a forza di nominare la pace, la democrazia, l’uguaglianza, la libertà -mentre si mente, si fa la guerra e si zittisce quelli a quali si rubano le parole- , questi stessi valori di portata universale subiscono un universale discredito. L’ipocrisia non rende omaggio alla virtù; la dichiara semplicemente utile; vale a dire, ignobile. Però l’ipocrisia dei politici – il linguaggio “politicamente corretto”, coniato per i popoli – indica che ancora non si è toccato il fondo. Franco iniziò ad uccidere in nome della morte, e non della vita, in quanto trovò sufficiente resistenza e sufficiente appoggio. Il fascismo solo è possibile quando smette di piacerci essere giusti e ragionevoli; quando- possiamo dire – la fonte di legittimità e la fonte di decisione trovano un punto di intersezione nella barbarie.
Franco, Rajoy e Zapatero hanno diversi concetti della uguaglianza e della libertà. Non è il loro linguaggio sinistroide ciò li fonde in una stessa forma. Ciò che veramente li unisce è l’unica frase della citazione franchista che nessuno di sinistra può rubricare: “una equa e progressiva distribuzione della ricchezza senza distrugge ne mettere in pericolo l’economia”, terribile, insultante, macabro ossimoro dove il termine “economia”, che significa giustamente, o dovrebbe significare, “una equa distribuzione della ricchezza”, passa a definire in esclusiva i benefici delle banche, le finanziarie e le imprese. Questa frase potrebbe essere di Friedman, di Strauss-Kahn, di Diaz Ferran, di Solbes; mai di Chomsky o di Galeano. Ci sono molte forme, lo sappiamo, di gestire il capitalismo: con partiti o senza partiti, con riviste pornografiche o senza di esse, con re, con campi di concentramento, con campi da calcio, con Movimento o con “movida”. Nessuno può dire che “con Franco vivevamo meglio”, però si che ciò che affratella il dittatore, a Rajoy e a Zapatero – e scredita la denominata “transizione”- è la loro scelta di campo a favore dei ricchi: vale dire, il capitalismo.
Lo scorso 17 marzo la Corea del Nord ha fucilato a Park Nam-gi, ex direttore delle Finanze del Partito dei Lavoratori, per “aver portato il paese alla rovina” come responsabile del fallimento della riforma monetaria. Lo scorso mese di giugno, anche in questo caso per aver portato il paese alla rovina, il governo di Spagna ha premiato una volta di più i suoi banchieri ed impresari con una “riforma del lavoro” che protegge ed aumenta i loro benefici. Fucilarli o ricompensarli. Fucilarli. No, sicuro che c’è un modo più giusto di fare giustizia. Ricompensarli. No, sicuro che c’è un modo meno offensivo di essere ingiusti.
Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=109777
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