L’ultima lettera di Ferzad Kemanger impiccato in Iran il 9 maggio
Pubblichiamo l’ultima lettera di Ferzad Kemanger, insegnante, uno dei cinque detenuti politici (quattro kurdi, tra cui una donna) impiccati domenica 9 maggio.
Ciao compagni di cella. Ciao compagni di dolore!
Ti conosco bene: tu sei l’insegnante, il vicino di Khavaran, il compagno di classe di decine di studenti, i quali hanno continuato la loro lotta, l’insegnante di quegli studenti, il cui unico crimine è stato quello di difendere il pensiero umano.
Ti conosco bene sei il collega di lavoro di Samad e Ali Khan. Anche tu ti ricordi di me, vero?
Sono io, quello incatenato nella prigione di Evin.
Io sono lo studente tranquillo, quello che stava dietro i banchi rotti, che sognava di vedere il mare da un remoto villaggio del Kurdistan.
Sono io, e anche io come te ho raccontato la storia del “Piccolo pesce nero” ai miei studenti, nel cuore dei Monti Shahoo (monte situato in Kurdistan).
Sono io, quello che ama assumere il ruolo del piccolo pesce nero.
Sono io, il tuo compagno che adesso si trova nel braccio della morte.
Ora, le valli e le montagne sono alle spalle del pesciolino, il fiume passa per un campo, da sinistra a destra altri fiumi si sono uniti e il fiume adesso trabocca d’acqua. Il pesciolini si godeva l’abbondanza di acqua… il pesciolino voleva andare nelle profondità del fiume. È riuscito a nuotare quanto voleva, senza imbattersi in nessuno.
A un tratto però, notò un folto gruppo di pesci. Erano forse 10’000, uno di loro disse al pesciolino nero: “Benvenuto nel mare, compagno!”
Cari compagni di cella! È possibile sedersi nella stessa scrivania di Samad, guardare gli occhi dei bambini di questa terra e rimanere in silenzio?
È possibile essere un insegnante e non mostrare la via ai piccoli pesci di questo paese? Che differenza fa se vengono da Aras ( un fiume nel nord-ovest dell’Iran Azerbaijan), da Karoon (fiume nel sud-ovest dell’Iran, Khuzestan), da Sirvan (un fiume in Kurdistan) o da Sarbaz Rood (fiume nella regione del Sistan e Baluchistan)?
Che differenza fa, quando il mare (il mare come unico destino) è l’unico modo per essere uniti. Il sole è la nostra guida. Lasciate che la nostra ricompensa sia la prigione, va bene cosi.
È possibile portare il pesante fardello dell’essere un insegnante, dell’essere responsabile dell’istruzione e della conoscenza e rimanere ancora in silenzio? È possibile vedere le domande che in gola si fermano (dei bambini), i loro volti malnutriti e tacere?
Com’è possibile che per insegnare la lettera H per Speranza (Hope in inglese) e la lettera E per Uguaglianza (Equality in inglese) dobbiamo trovarci nell’anno della non giustizia e dell’inuguglianza. Com’è possibile che per insegnare questi concetti si finisce ad Evin o si viene condannati a morte?
Non posso immaginare di essere un insegnante nella terra di Samad, Khan Ali e Ezzati, e non congiungermi all’eternità di Aras* . Non riesco a immaginare (testimoniare) il dolore e la povertà della gente di questa terra e non riesco a dare il nostro cuore al fiume e al mare.
[NdT farsi-inglese: Aras è un fiume nel nord-ovest dell’Iran. Samad annegò in questo fiume nell’estate del 1968. Alcuni considerarono questa morte sospetta e accusarono gli agenti del regime dello Shah, della morte di Samad]
Io so che un giorno il duro cammino degli insegnanti finirà, so che le nostre sofferenze finiranno, e gli insegnanti verranno onorati, così che tutti possono vedere che un insegnante è solo un insegnante, anche se il suo cammino è bloccato dalla selezione*, dalla prigione e dalle condanne a morte.
[NdT farsi-inglese: il processo di selezione o Gozinesh è un processo nel quale gli insegnanti vengono scelti in base al loro pensiero ideologico, politico e religioso]
Il piccolo pesce nuota calmo nel mare: affrontare la morte non è un problema per me, e non è neanche deplorevole.
Improvvisamente l’airone scese in picchiata e afferrò il pesciolino.
Un insegnante nel braccio della morte, carcere di Evin.
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